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‘Ndrangheta, operazione “Costa pulita”: navi e villaggi vacanze tra i beni sequestrati

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Oltre 100 immobili, quote societarie, rapporti bancari, villaggi vacanze e compagnie di navigazione: sigilli ad un patrimonio di 70 milioni di euro

Beni per un valore di 70 milioni di euro sono stati sequestrati nel corso dell’operazione denominata “Costa pulita”, coordinata dalla Dda di Catanzaro e condotta stamani da polizia, carabinieri e Guardia di finanza contro la cosca Mancuso di Limbadi e le consorterie aggregate degli Accorinti di Briatico, La Rosa di Tropea e Il Grande di Parghelia.

Patrimonio milionario. Tra i beni sequestrati ci sono oltre 100 immobili, quote societarie e rapporti bancari ed anche 2 villaggi vacanze e tre compagnie di navigazione con altrettante motonavi che assicuravano, secondo l’accusa, in regime di sostanziale monopolio, i collegamenti turistici con le isole Eolie.

Il monopolio delle minicrociere. Tra i beni sequestrati anche nr. 3 motonavi utilizzate nel settore delle minicrociere alle Isole Eolie. Il controllo di tale affare da parte delle cosche è apparso rilevante al punto da impedire la costituzione di un consorzio per la gestione delle minicrociere con l’intervento di imprenditori partenopei onde evitare la divisione degli utili con terzi estranei. Sono state acquisite, nel corso delle investigazioni, emblematiche risultanze in base alle quali, anche solo l’ipotesi che i titolari di strutture ricettive potessero rivolgersi ad altri che alle compagnie di navigazione controllate dalle cosche, dava luogo a bellicosi propositi da parte dei boss, pronti a sottolineare che in casi del genere, peraltro dagli stessi ritenuti assai improbabili, al malaccorto imprenditore sarebbe piuttosto convenuto abbandonare il territorio per non incorrere nelle loro ire. In estrema sintesi, sul punto è emerso che le ‘ndrine avevano imposto il loro giogo nel settore sia nei confronti degli altri rappresentanti delle società di navigazione, sia nei confronti dei vari gestori delle strutture ricettive, di fatto spesso costretti ad indirizzare i propri clienti esclusivamente verso le società di navigazione controllate dalle organizzazioni mafiose.

 

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‘Ndrangheta: operazione “Costa pulita”, ecco l’elenco completo ed i nomi di tutti gli indagati

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Sono in totale 53 gli indagati (fra arrestati ed a piede libero) nell’operazione della Dda di Catanzaro coordinata dai pm Camillo Falvo e Pierpaolo Bruni. Fra gli indagati, anche nomi di spicco della politica vibonese e del mondo imprenditoriale

Questi tutti gli indagati (in 23 arrestati, gli altri a piede libero): Antonino Accorinti (cl. ’56), di Briatico (arrestato); Antonio Accorinti (cl. ’80), figlio di Antonino (pure lui arrestato); Greta Accorinti (cl. ’87), di Briatico, figlia di Antonino; Sergio Bagnato (cl. ’83), ex consigliere comunale di maggioranza nell’amministrazione di Briatico guidata dall’allora sindaco Francesco Prestia; Claudia Barbuto, (cl. ’72), di Briatico; Francesco Giuseppe Bonavita, detto “Pino” (cl. ’46) di Briatico (arrestato);

Giuseppe Armando Bonavita (cl. ’79), di Briatico, figlio di Pino; Roberto Caruso (cl. ’55), di Cosenza, proprietario del complesso residenziale di Briatico denominato “La nave” sito in località “Brace”; Ernesto Clerici (cl. ’41) di Lomezzo (Co), direttore della filiale della Banca popolare di Maierato; Nazzareno Colace (cl. 64), di Portosalvo, frazione del comune di Vibo (arrestato); Francesco Crigna (cl. ’70), già vicesindaco del Comune di Parghelia; Giuseppe Evalto (cl. ’63) originario di Spilinga (arerstato); Georgian Dan (cl. ’86), di nazionalità romena; Aldo Gallucci (cl. 55), di Vibo Valentia, dipendente della Capitaneria di Porto di Vibo Marina; Giancarlo Giannini (cl. ’71), ingegnere, già consigliere comunale di Vibo Valentia; Giuseppe Granato (cl. ’65), imprenditore di Briatico (arrestato); Andrea Granato (cl. ’92), di Briatico; Emanuele Granato (cl. 88), di Briatico; Adriano Greco (cl. ’82), di Briatico (arrestato);

Domenico Grillo (cl. 52) di Vibo, dipendente civile del Dipartimento Marittimo della Capitaneria di porto di Vibo Marina; Marilena Grillo (cl. ’83), di Briatico; Carmine Il Grande (cl. ’59), di Parghelia (arrestato); Egidio Il Grande (cl. 64), di Parghelia; Ferdinando Il Grande (cl. ’82) di Parghelia; Gerardo La Rosa (cl. ’74), di Tropea; Giancarlo Loiacono (cl. ’73), di Zambrone (arrestato); Cosmo Michele Mancuso (cl. 49), boss dell’omonimo clan di Limbadi (arrestato); Pantaleone Mancuso, alias “Scarpuni”, (cl. ’61), di Limbadi; Francesco Marchese ( cl. ’86), di Briatico (arrestato); Holmo Cristiano Marino (cl. 53), di Pizzo Calabro; Domenico Marzano (cl. ’66), di Briatico, avvocato e già assessore comunale ai Lavori pubblico del Comune di Briatico; Emanuele Melluso (cl. ’85), di Briatico (arrestato); Gennaro Melluso (cl. ’70), di Briatico; Leonardo Melluso (cl. ’65), di Briatico (arrestato); Simone Melluso (cl. ’85), di Briatico; Salvatore Muggeri (cl. 77), di Briatico; Salvatore  Muzzopappa (cl. ’71) di Nicotera (arrestato); Andrea Niglia (cl. ’76), attuale sindaco di Briatico ed attuale presidente della Provincia di Vibo Valentia; Filippo Niglia (cl. ’60), imprenditore di Briatico, attivo nel settore della navigazione per le isole Eolie; Vincenzo Perugini (cl. ’91) di Cosenza; Francesco Prestia (cl. 53), ex sindaco di Briatico; Pasquale Prossomariti (cl. ’85), di Nicotera; Salvatore Prostamo (cl. ’76), geometra, di Briatico (arrestato);

Pasquale Puglia (cl. ’74) di Polla (Sa); Pasquale Quaranta (cl. 63), di Santa Domenica di Ricadi; Giovanni Rizzo (cl. ’82), di Nicotera (arrestato); Carlo Russo (cl. ’78), di Zambrone (arrestato); Leonardo Russo (cl. ’70) di Zambrone; Saverio Sergi (cl. ’58) di Briatico; Domenica Staropoli (cl. ’61), di Briatico; Davide Surace (cl. 85), di Spilinga (arrestato); Federico Surace (cl. ’91), di Spilinga (arrestato); Francesco Zungri (cl. ’60), nato a Vibo Valentia.

Tali 53 indagati hanno tutti ricevuto un avviso di garanzia. Sul registro degli indagati figurano però altri nominativi di imprenditori del Vibonese. (g.b.)

SEGUONO AGGIORNAMENTI

‘Ndrangheta: operazione “Costa pulita”, 23 arresti, terremoto a Vibo (NOMI)

‘Ndrangheta, operazione “Costa pulita”: le immagini del blitz e le intercettazioni (VIDEO)

‘Ndrangheta, operazione “Costa pulita”: navi e villaggi vacanze tra i beni sequestrati

‘Ndrangheta: indagato anche il presidente della Provincia di Vibo, Andrea Niglia

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‘Ndrangheta, operazione “Costa pulita”: le ingerenze del clan nelle processioni

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Durante la processione a mare della Madonna del Monte Carmelo del 15 luglio a Briatico, la statua di Maria sarebbe stata trasportata a bordo della barca “Etica”, condotta da Antonino Accorinti. E’ quanto emerge dall’operazione “Costa pulita”, sulla base del servizio di osservazione eseguito dai carabinieri, nell’ambito della quale un ex parroco di Briatico ha riferito agli inquirenti che “certi soggetti del luogo, dovendo imporre il loro dominio nel paese, si indirizzavano alla parrocchia nel tentativo di influenzare e dominarne l’attività pastorale”.

L’indagine ha quindi svelato la presunta ingerenza del clan Accorinti sulle cerimonie religiose della zona. Anche la tradizionale cerimonia dell’Affruntata sarebbe stata infiltrata dalla ‘ndrangheta. A documentarlo tre annotazioni dei carabinieri, secondo i quali “vi è la presenza tra i portatori delle statue di soggetti in massima parte, o riconducibili, o facenti parte delle compagini criminali”.

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Operazione “Costa pulita”: il boss Mancuso pianificava tutto da un bar di Nicotera (VIDEO)

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Ecco le intercettazioni registrate dagli inquirenti all’interno di un locale di Nicotera Marina dove “Scarpuni” riceveva sodali ed anche imprenditori

Un bar a Nicotera Marina, abitualmente frequentato da Panteleone Mancuso, classe ’61, detto “Luni Scarpuni”. E’ all’interno del bar Tony che gli investigatori hanno piazzato cimici, microspie e telecamere. Era da qui che il boss, sottoposto al regime della sorveglianza speciale, pianificava un’ampia gamma di attività delittuose esercitando – secondo quanto accertato – una pervasiva e soffocante azione di condizionamento dell’economia della zona costiera.

Punto nevralgico. Tutto passava da qui, dal bar di Nicotera Marina. E’ qui che Scarpuni riceveva tutti: sodali, membri delle varie consorterie criminali, imprenditori. C’era chi si rivolgeva a lui per il classico pagamento del pizzo o chi doveva concordare modi e tempi della conduzione di importanti affari che la sua potente famiglia mafiosa finiva così per controllare. Buona parte dell’inchiesta “Costa pulita” è partita dalle intercettazioni ambientali registrate all’interno di questo locale. Così gli investigatori hanno accertato la presenza della ‘ndrangheta dietro al business delle minicrociere con ciò confermando la pervasiva infiltrazione della criminalità organizzata in tutti i settori dell’economia legale; parallelamente è stata fatta piena luce su alcuni danneggiamenti compiuti in danno di esercenti e privati cittadini per assumere il controllo, in regime di monopolio, del trasporto marittimo “Tropea-Isole Eolie” e di villaggi turistici della costa oltre che per convogliare lavori pubblici e privati verso ditte collegate al sodalizio.

Cattura di schermata (29)Le faide eterodirette. A margine di ciò è emersa, da un lato, l’intenzione di Mancuso di eliminare fisicamente soggetti e gruppi antagonisti, percepiti come ostacoli all’affermazione del predominio criminale della cosca, dall’altro, il delinearsi di una strategia di rafforzamento della famiglia di Limbadi e di riavvicinamento dei vari appartenenti, che risultano essere referenti di altrettanti gruppi familiari, dediti a diverse attività delittuose, nelle proprie zone d’influenza, sotto l’egida dei Mancuso.

Le infiltrazioni a Parghelia. Le indagini hanno riguardato anche la cosca Il Grande, operante nel territorio di Parghelia, prendendo origine dalla denuncia di una serie di danneggiamenti avvenuti nel 2009, presso un villaggio turistico del comune costiero del Vibonese, a seguito della quale si è potuto riscontrare il particolare interesse della “famiglia” Il Grande per il controllo delle attività turistiche presenti sul territorio d’influenza, controllo attuato sia eseguendo lavori all’interno delle strutture ricettive, sia con l’imposizione della propria massiccia presenza tra i dipendenti di diversi villaggi. Secondo le risultanze investigative, la cosca Il Grande, con la complicità di dirigenti del comune di Parghelia, si sarebbe accaparrata, durante il periodo 2009-2012, numerosi appalti pubblici rientranti nelle competenze di quell’Ente pretendendo, senza alcun titolo, che le ditte aventi in appalto lavori in quel territorio versassero alla “famiglia” stessa una parte del ricavato.

I tentacoli dei Mancuso sul porto di Vibo Marina. Altre significative risultanze sono state acquisite a carico di Nazzareno Colace, ritenuto il referente di Pantaleone Mancuso, detto “Scarpuni” per la zona del porto di Vibo Marina e della zona industriale di Porto Salvo. Per conto del boss, Colace avrebbe esercitato la propria forza intimidatrice nei confronti di almeno tre imprenditori; per fare desistere il primo dal proseguire un’attività economica che si poneva in concorrenza con quella di alcuni membri della sua famiglia, minacciando il secondo di non fargli rilasciare le autorizzazioni amministrative necessarie all’avvio di una rilevante iniziativa economica, a meno che non avesse accettato la partecipazione sua e quella dei Mancuso alla nascente attività e intervenendo su un terzo, titolare di una ditta di trasporti per farlo desistere dall’eseguire una commessa vantaggiosa al fine di farla eseguire da una ditta compiacente.

Cattura di schermata (27)L’attentato fallito. Nel corso dell’attività, supportata da intercettazioni telefoniche, ambientali e video riprese, sono state sequestrate armi da fuoco e, nel 2014, sono stati tratti in arresto, in flagranza di reato, alcuni elementi di spicco delle locali cosche, in procinto di mettere in atto un attentato mediante l’utilizzo di un potente ordigno esplosivo. Nel video viene riassunta l’intercettazione registrata all’interno del bar di Nicotera Marina dove Rinaldo Loielo di Ariola di Gerocarne e Filippo Pagano di Soriano pianificano l’attentato dinamitardo con Pantaleone Mancuso. L’ordigno, una micidiale bomba con innesco radiocomandato a distanza, venne ritrovato dalla polizia in un’auto su cui viaggiavano i due 25enni, fermati nei pressi di Rosarno. Sempre secondo quanto ricostruito dagli investigatori sarebbe stato ceduto a Loielo (che è figlio del presunto boss Giuseppe, vittima di un agguato mafioso nel 2002, la cosiddetta strage di Ariola, insieme al fratello) proprio da Pantaleone Mancuso, detto “Scarpuni” per alimentare lo scontro che vedeva contrapposti, nelle Preserre vibonesi, i Loielo ai clan degli Emanuele e dei Ciconte.

GUARDA IL VIDEO DELL’INTERCETTAZIONE

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‘Ndrangheta, operazione “Costa pulita”. Niglia: “Dimostrerò la mia estraneità ai fatti”

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«L’informazione di garanzia, inerente l’operazione denominata “Costa Pulita”, che mi è stata notificata dall’autorità giudiziaria, è un atto a mia tutela che mi consentirà di dimostrare la mia completa estraneità in vicende che risalgono a diversi anni fa». E’ quanto afferma, in una nota stampa, il presidente della Provincia Andrea Niglia, in merito alla vicenda relativa all’operazione “Costa pulita”, condotta dalla Dda.

«Ho dato, pertanto, mandato ai miei legali – aggiunge – di avviare i procedimenti previsti dalla legge per farmi sentire, al più presto, dal Pubblico Ministero. Intendo, infatti, mettermi a completa disposizione dall’autorità giudiziaria, sicuro della mia assoluta estraneità ai fatti oggetto di indagine».

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‘Ndrangheta, operazione “Costa pulita”. M5S incalza Niglia: “Si dimetta”

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Il sindaco di Briatico e presidente della Provincia di Vibo Valentia è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. I Cinquestelle: “Non può rimanere in carica”

“Andrea Niglia lasci la poltrona di sindaco di Briatico e la presidenza della provincia di Vibo Valentia, poichè indagato dalla DDA di Catanzaro per concorso esterno in associazione mafiosa con l’accusa di aver favorito la cosca Accorinti”. Lo dichiarano i parlamentari M5S della commissione Antimafia e gli eletti pentastellati in Calabria: “Non si può accettare che rimanga ancora al governo Niglia, eletto presidente della provincia di Vibo il 28 settembre 2014 con l’appoggio dei renziani del Pd, esponenti di Ncd, Forza Italia e Fratelli d’Italia”.

Ennesimo macigno. “Su Niglia – ricordano i pentastellati –  pesa questo ennesimo macigno, giunto a breve distanza dalla pronuncia della Cassazione di decadenza dalle cariche per incandidabilità connessa allo scioglimento per infiltrazioni mafiose, nel 2012, degli organi elettivi del Comune di Briatico. Lo Stato – incalzano i parlamentari M5s – ha colpevolmente abbandonato la Provincia di Vibo Valentia, già segnata in profondità da casi di malaffare e gravi tradimenti in ruoli di responsabilità pubblica, con un territorio inquinato e impoverito dalla ‘ndrangheta”.

“Vergognosa telenovela”. “Le contiguità – denunciano i parlamentari M5S – sono enormi sul posto, per cui la vita democratica è impossibile, il voto è inquinato e gli effetti si vedono tutti, nell’amministrazione pubblica e nel tessuto economico e sociale, per certo tra i più poveri d’Europa. La vicenda Niglia è diventata una vergognosa telenovela, con continui rinvii per cavilli giuridici e con altrettanti rimpalli di decisioni. Nel frattempo, i partiti che fecero eleggere Niglia alla presidenza della Provincia di Vibo Valentia, dal Pd a Ncd, Forza Italia e Fratelli d’Italia, sono muti e fermi, quindi compartecipi”. (AGI)

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Operazione “Costa pulita”, la Dda: “Rapporti mafia-politica da approfondire” (VIDEO)

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Le immagini della conferenza stampa, le foto delle persone arrestate e il commento del procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro Giovanni Bombardieri

“La posizione di Andrea Niglia è oggetto di approfondimento, così come le posizione che riguardano altri amministratori locali”: così il procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, Giovanni Bombardieri a margine della conferenza stampa che si è svolta in Prefettura. “La vicenda lambisce ex amministratori locali del Vibonese, Parghelia e Briatico e siamo in fase di approfondimento; per questo i soggetti interessati sono stati destinatari solo di un decreto di perquisizione. C’erano delle aderenze della criminalità organizzata nelle amministrazioni”. In particolare, Bombardieri ha spiegato: “Anche la posizione di Niglia è oggetto di approfondimento. Per quanto riguarda la sua amministrazione i rapporti con il clan si fermerebbero al 2010, quando assistiamo ad un cambiamento di orientamento politico da parte della criminalità organizzata”.

GUARDA LE VIDEO-INTERVISTE AGLI INQUIRENTI

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‘Ndrangheta: operazione “Costa pulita”, ecco tutte le accuse ai politici di Briatico

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Anche la società della squadra di calcio di Briatico indicata come riconducibile agli Accorinti. Il clan detterebbe da anni “legge” nel comune del Vibonese

di GIUSEPPE BAGLIVO

Sono molteplici le contestazioni e le accuse mosse dagli inquirenti con l’inchiesta “Costa Pulita”. Il grosso dell’inchiesta si concentra però su Briatico dove il clan Accorinti avrebbe da anni dettato “legge” ingerendosi in tutti gli affari e nella vita politica, imprenditoriale e della società civile briaticese. Uno spaccato inquietante che chiama direttamente in causa la politica vibonese e chi fra loro avrebbe dovuto accorgersi di situazioni a dir poco opache e già al centro di ben due scioglimento degli organi elettivi del Comune per infiltrazioni mafiose.

Andrea_Niglia
Andrea Niglia

I singoli capi di imputazione e le accuse. Concorso in 416 bis (associazione mafiosa) l’accusa nei confronti di Andrea Niglia, attuale presidente della Provincia di Vibo e attuale sindaco di Briatico. A Niglia, quale sindaco di Briatico dal 2005 al 2010 viene contestato di essersi attivato come primo cittadino e vertice della precedente amministrazione comunale (quella dal 2005 al 2010) per favorire il clan Accorinti concorrendo unitamente agli indagati Saverio Sergio, Nino Accorinti e Pino Bonavita per porre in essere “condotte fraudolente tese a salvaguardare l’attività del villaggio Green Garden costituenti una delle principali fonti di guadagno della cosca”. Il villaggio “Green Garden” viene infatti ritenuto dagli inquirenti fra i beni da sempre gestiti – in via diretta o indiretta – dagli Accorinti-Bonavita.

Francesco Prestia
Francesco Prestia

Le accuse all’ex sindaco di Briatico Prestia. Stessa accusa (concorso in 416 bis) viene mossa all’ex sindaco di Briatico Francesco Prestia, eletto nel 2012 e la cui amministrazione è stata sciolta per infiltrazioni mafiosa nel gennaio 2012. Secondo l’accusa, l’ex sindaco sarebbe stato eletto anche grazie al procacciamento dei voti da parte del clan Accorinti. In cambio, il sindaco Prestia avrebbe promesso condotte procedimentali amministrative e materiali in favore del clan, promesse concretizzatesi con diverse condotte.

Comune Briatico

Le accuse nei confronti degli altri ex amministratori di Briatico. Concorso in 416 bis (associazione mafiosa) pure per l’ex assessore comunale di Briatico ai Lavori pubblici Domenico Marzano (che è anche avvocato) poichè ad avviso della Dda avrebbe fatto da autista ad Antonino Accorinti che all’epoca era sorvegliato speciale e proprio per questo privo di patente di guida; avrebbe messo a disposizione del clan il suo albergo di Briatico denominato “Palazzo Marzano” affinchè “i membri del clan realizzassero riunioni non solo aventi ad oggetto l’assetto della cosca ma anche decisioni di carattere politico-amministrativo riguardanti il Comune di Briatico”; avrebbe sollecitato “su richiesta di Antonino Accorinti varie imprese affinchè inviassero mezzi di movimento terra – in occasione delle alluvioni che hanno interessato la zona marina di Briatico nel 2010 e nel 2011 – nelle strutture nella disponibilità della cosca Accorinti e segnatamente nel complesso turistico Green Garden e nel lido balneare Green Beach”. Anche a Domenico Marzano viene contestato di essere stato eletto anche grazie ai voti del clan Accorinti promettendo in cambio condotte amministrative atte a favorire la cosca.

Il concorso in 416 bis nei confronti di Sergio Bagnato fa invece riferimento alla contestazione di aver riferito negli anni ai vertice del clan Accorinti “le vicende dell’amministrazione comunale, ricevendo dal capo ‘ndrangheta Nino Accorinti pareri e ordini, divenendo il riferimento per la cosca per una nuova lista elettorale da presentare alle elezioni successive al commissariamento dell’ente per le elezioni del Comune di Briatico per l’anno 2010”. Sergio Bagnato è poi accusato di essersi attivato nei confronti di Nino Accorinti per uno stanziamento della regione Calabria per i Comuni della fascia costiera, ammontante a 700 mila euro circa, per la posa di frangiflutti contro le mareggiate. Di parte del finanziamento, circa 200 mila euro, ad avviso della Dda, sarebbe stato concordata fra Sergio Bagnato e Nino Accorinti la destinazione per il miglioramento del molo, così “da creare un porticciolo che sarebbe stato utile alla cosca Accorinti per l’attracco della motonave denominata Etica della società Briatico-Eolie, società strumento della cosca per realizzare profitti illeciti”. Infine, Sergio Bagnato è accusato di essersi attivato per l’assegnazione del campo sportivo comunale alla squadra di calcio “A.S. D. Briaticese” riconducibile alla famiglia Accorinti”. 

Ndrangheta, operazione “Costa Pulita”: le foto dei 23 arrestati (FOTO)

‘Ndrangheta: operazione “Costa pulita”, ecco l’elenco completo ed i nomi di tutti gli indagati (LEGGI QUI)

‘Ndrangheta: operazione “Costa pulita”, 23 arresti, terremoto a Vibo (NOMI)

‘Ndrangheta, operazione “Costa pulita”: le ingerenze del clan nelle processioni

‘Ndrangheta: operazione “Costa pulita”, ecco l’elenco di tutti i beni sequestrati (LEGGI QUI)

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Operazione “Costa pulita”: nel covo del boss Mancuso uno scanner anti-cimici

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Nel bar di Nicotera Marina, suo quartier generale,  Luni “Scarpuni” riceveva tutti: anche imprenditori e semplici cittadini. La polizia ha registrato tutto

Il covo di Pantaleone Mancuso, il bar di Nicotera Marina dove il boss riceveva mafiosi e semplici cittadini, era stato riempito da carabinieri, polizia e Guardia di finanza di telecamere e microspie, pronte a registrare tutti gli incontri del capo cosca, ma lui si sentiva tranquillo. Il locale veniva infatti “bonificato” quotidianamente, al fine di neutralizzare eventuali “cimici”, dai suoi uomini, anche attraverso l’utilizzo di uno scanner, sequestrato nel blitz scattato stamattina.

Scanner inutili. Mancuso non sapeva, però, che gli investigatori non solo erano riusciti a piazzare telecamere e microfoni, ma lo avevano fatto utilizzando una particolare attrezzatura che non poteva essere rilevata in nessun modo. Il particolare è emerso nel corso della conferenza stampa che si è svolta a Catanzaro sull’operazione “Costa Pulita” contro i clan del Vibonese. A spiegare gli accorgimenti usati nelle indagini sono stati il capo della squadra Mobile di Catanzaro, Nino De Santis, il capo della Mobile di Vibo Valentia, Tito Emanuele Cicero, e il procuratore facente funzioni, Giovanni Bombardieri. “La cosca ha verificato più volte la presenza di ambientali nel bar – ha spiegato Cicero – anche attraverso l’utilizzo di uno scanner, ma non sono mai riusciti a trovare nulla grazie agli accorgimenti che abbiamo attuato”.

In fila nel covo del boss. In questo modo, è stato possibile riprendere e registrare il boss Pantaleone Mancuso mentre incontrava semplici cittadini e ‘ndranghetisti. Molti gli episodi ricostruiti dagli inquirenti: dall’imprenditore che chiedeva l’autorizzazione al boss anche solo per lavorare a quello che chiedeva di poter buttare materiale di risulta nella discarica comunale, passando per richieste di autorizzazione anche per intraprendere azioni legali tra privati. Intercettati anche cittadini che si rivolgevano a Mancuso per ottenere un intervento sui crediti vantati nei confronti di altre persone. A questo si aggiungevano gli incontri con i rappresentanti delle cosche per gestire delitti, passaggi di armi, estorsioni e ruoli nelle attività di villaggi e attività economiche. Persino il caffè da utilizzare nei bar veniva imposto dalla ‘ndrangheta, pronta a obbligare tutte le attività commerciali a rifornirsi dalla torrefazione ritenuta vicina al clan. (AGI)

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Ndrangheta, operazione “Costa Pulita”: le foto dei 23 arrestati (FOTO)

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Le foto dei 23 soggetti ritenuti responsabili dei reati di associazione per delinquere di stampo mafioso e finiti nell’operazione denominata “Costa pulita”

Le foto dei 23 soggetti ritenuti responsabili a diverso titolo dei reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, intestazione fittizia di beni, detenzione e porto illegale di armi e sostanze esplodenti e finiti nelle maglie dell’operazione denominata “Costa pulita” realizzata dalle Squadre Mobili di Vibo Valentia e Catanzaro e dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, Carabinieri del R.O.N.INV. di Vibo Valentia e dalla Compagnia di Tropea e militari del GICO della Guardia di Finanza di Catanzaro.

In particolare, le investigazioni, avviate nei primi mesi del 2013, hanno riguardato numerosi soggetti appartenenti, o comunque contigui, al potente clan della ‘ndrangheta Mancuso, operante in tutto il territorio vibonese, ed alle consorterie collegate Accorinti, La Rosa ed Il Grande, attive nei comuni del litorale tirrenico della provincia vibonese, colpendone vertici e sodali. L’indagine peraltro ha lambito contesti politici locali, in particolare di passate Amministrazioni del Comune di Briatico e Parghelia.

 

[See image gallery at www.zoom24.it]

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‘Ndrangheta: “Costa pulita”, dal decreto di fermo spuntano altri 32 indagati (NOMI)

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In totale gli indagati sono 89. Un’operazione antimafia storica. Indagati noti imprenditori vibonesi, avvocati e professionisti. Uno spaccato che promette nuovi sviluppi

Salgono ad 89 gli indagati totali dell’inchiesta “Costa pulita”. Oltre ai 23 fermati ed agli indagati (per un totale di 53) che hanno ricevuto un avviso di garanzia, dal decreto di fermo della Dda di Catanzaro si evince che vi sono altri 32 indagati a cui nei diversi capi di imputazione vengono mosse diverse accuse. Si tratta in alcuni casi di nomi “eccellenti” del mondo imprenditoriale vibonese e non solo.

Questi gli ulteriori 32 indagati: Luciano Artusa (cl. ’61), di Vibo Valentia; Michele Fusca, detto “Lello”, (cl. ’42), di Vibo Valentia, noto imprenditore attivo nel settore edile e delle costruzioni e negli anni ’80 presidente del Nucleo Industriale di Vibo e già consigliere comunale di Vibo Valentia con la Dc. Lello Fusca  è indagato per violenza privata aggravata dalle modalità mafiose “per avere, avvalendosi della sua notoria contiguità alla cosca Mancuso – sostiene la Dda, indotto l’imprenditore Mandaradoni Michele a desistere dalla prosecuzione di lavori di bonifica nell’area industriale denominata “Ex Fiera”, sita in località Porto Salvo nel maggio del 2014”.

cappello carabinieri

Giacomo Franzoni (cl. ’63), di Briatico, avvocato; Alessandra Borello (cl. ’84), di Briatico, nipote del presunto boss di Briatico, Antonino Accorinti e moglie di Francesco Marchese di Briatico (arrestato); Marco Borello (cl. ’74), di Briatico, accusato di essere il “titolare” formale della squadra di calcio “A.S.D. Briaticese” il cui reale proprietario occulto sarebbe, secondo la Dda, Antonino Accorinti; Francesco Capano (cl. ’72), nato a Vibo Valentia; Pantaleone Costantino (cl. ’57), di Limbadi; Francesco Daniele (cl. 58) di Argusto (Cz); Massimo Fortuna (cl. ’76), di San Gregorio d’Ippona, titolare di una ditta che si era aggiudicata il servizio di refezione scolastica a Briatico dal 2008 al 2011. Nell’anno scolastico 2009 e 2011, secondo la Dda, tale ditta si sarebbe aggiudicata il servizio di fornitura dei pasti per la mensa scolastica “sia con il favore dell’ex sindaco Andrea Niglia e sia avvalendosi del sostegno dei pregiudicati Nino Accorinti e Pino Bonavita.

polizia

Ed ancora, fra gli indagati figurano: Francesca Galea (cl. ’83) di Locri; Giuseppe Garrì (cl. ’72) di San Costantino di Briatico, detto “Peppe u Papa”; Francesco Grillo (cl. ’79) di Paradisoni di Briatico, titolare di una ditta attiva nel commercio all’ingrosso della frutta; Marilena Grillo (cl. ’83), di Briatico la quale avrebbe accettato da Antonino Accorinti l’intestazione fittizia e formale di due immobili e di un garage a Briatico; Carmine Il Grande (cl. ’78) di Parghelia (da non confondere con l’omonimo Carmine il Grande del ’59 che è stato invece arrestato); Giancarlo Lo Bianco (cl. ’80), autotrasportatore, di Vibo Valentia; Giuseppe Lo Bianco (cl. ’65), di Vibo Valentia; Giuseppe Lo Gatto (cl. ’71) di Briatico, titolare dell’omonima ditta individuale che gestiva “Il Mulino della Rocchetta” di Briatico, ristorante per la Dda “facente capo e riconducibile alla cosca Accorinti”; Salvatore Loiacono (cl. ’67), di Zambrone; Simone Loiacono (cl. ’89), di Briatico, accusato di essere il titolare formale del “Bar Jolly” per conto dei fratelli Emanuele e Simone Melluso di Briatico; Giuseppe Lopreiato (cl. ’51), nativo di Maierato, imprenditore titolare del ristorante L’Approdo e dell’hotel “Cala del porto” a Vibo Marina e già destinatario di un’interdittiva antimafia confermata dal Tar. Giuseppe Lopreiato è accusato di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, in concorso con il boss Cosmo Michele Mancuso, ai danni dell’imprenditore Francesco Cascasi. Secondo La Dda, Lopreiato e Mancuso avrebbero voluto entrare in una costituenda società di Cascasi avente per oggetto sociale la gestione del pontile nel porto di Vibo Marina.

guardia di finanza

Indagati poi: Felice Loiacono (cl. ”83), di Briatico; Domenico Mancuso (cl. ’75), di Limbadi, attualmente sotto processo per l’operazione “Dinasty” (dove dopo anni di perizie e sospensione dei processi, è stato dichiarato capace di intendere e di stare in giudizio), figlio del boss Giuseppe Mancuso detto “‘Mbroghja”; Domenico Marchese (cl. ’79), alias “Banana” di Tropea, titolare dell’omonima ditta di installazione di impianti idraulici e condizionamento a Ricadi (è indagato per armi ed è ritenuto dalla Dda vicino al clan Il Grande di Parghelia); Francesco Melluso (cl. ’70) di Briatico; Antonio Merenda (cl. ’60) di Spilinga, accusato di aver favorito la latitanza di Nunzio Manuel Callà; Antonio Napoli (cl. ’44) di Briatico; Caterina Nicolino (cl. ’77) di Milano, accusata di essere stata per un certo periodo socia ed amministratrice di una società che gestiva un villaggio turistico “per conto sia di Bonavita Francesco Giuseppe che di Accorinti Antonino”; Salvatore Pandullo (cl. ’87) di Seregno, sposato con Greta Accorinti figlia di Antonino Accorinti; Loredana Pappalo (cl. ’71), di Magenta (Mi), convivente di Francesco Piccolo; Vincenzo Perugini (cl. ’91), di Cosenza; Francesco Piccolo (cl. ’74) di Tropea, ma residente a magenta (Mi); Michele Salerno (cl. ’46), di Cutro (Kr); Domenico Simonelli (cl. ’81), di Tropea, detto “Ballotu”; Antonino Staropoli (cl. ’82), titolare di fatto per la Dda dell’agenzia immobiliare “Progetto Casa” di Briatico; Francesco Tripaldi (cl. ’52), di Limbadi; Stefangregorio Tripaldi (cl. ’79) di Limbadi; Eugenya Umyarova (cl. ’73) dell’Uzbekistan. (g.b.) 

‘Ndrangheta: operazione “Costa pulita”, ecco l’elenco degli altri indagati (LEGGI QUI)

‘Ndrangheta: operazione “Costa Pulita”, 23 arresti, terremoto a Vibo (NOMI)

“Costa pulita”, ecco tutte le accuse ai politici di Briatico (LEGGI QUI)

Ndrangheta, operazione “Costa Pulita”: le foto dei 23 arrestati (FOTO)

Operazione “Costa pulita”, la Dda: “Rapporti mafia-politica da approfondire” (VIDEO)

‘Ndrangheta: operazione “Costa pulita”, ecco l’elenco di tutti i beni sequestrati (LEGGI QUI)

 

 

L'articolo ‘Ndrangheta: “Costa pulita”, dal decreto di fermo spuntano altri 32 indagati (NOMI) sembra essere il primo su Zoom 24.

‘Ndrangheta: clan Soriano di Filandari, Cassazione annulla con rinvio le condanne

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Da rifare il processo di secondo grado a Catanzaro nei confronti di 6 imputati coinvolti nell’operazione antimafia denominata “Ragno”                 

 La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro emessa il 28 maggio dello scorso anno contro il clan Soriano di Filandari. Da rifare, dunque, il processo di secondo grado per i reati di associazione mafiosa ed estorsione a vario titolo contestati a:
Giuseppe Soriano
Giuseppe Soriano
Leone Soriano, ritenuto a capo del clan, che era stato condannato a 15 anni e 6 mesi (1 anno e 6 mesi in primo grado per il solo reato di danneggiamento); Gaetano Soriano, fratello di Leone, che era stato condannato a 15 anni e 9 mesi (assolto in primo grado); Carmelo Soriano, figlio di Gaetano, che era 10 anni, 6 mesi e 13mila euro di multa (assolto in primo grado); Giuseppe Soriano, che era stato condannato 10 anni, 8 mesi e 13mila euro di multa; Graziella Silipigni, che era stato condannata a 3 anni, 4 mesi e 800 euro di multa (assolta in primo grado); Francesco Parrotta in appello 9 anni e 6 mesi (assolto in primo grado). Tutti, tranne la Silipigni, erano stati riconosciuti colpevoli di associazione mafiosa.
Gaetano Soriano
Gaetano Soriano
Reggono al vaglio della Cassazione solo due capi d’imputazione (danneggiamento) contestati a Leone Soriano ed al nipote Giuseppe Soriano (figlio dello scomparso Roberto Soriano e di Graziella Silipigni).
In primo grado, nel maggio del 2014 il Tribunale collegiale di Vibo Valentia presieduto dal giudice Fabio Regolo (ora pm alla Procura di Catania) aveva condannato solo a Leone Soriano ad 1 anno e 6 mesi per il solo reato di danneggiamento, e Giuseppe Soriano a 5 anni e 6 mesi.
In Corte d’Appello a Catanzaro erano stati invece 65 gli anni di carcere inflitti dai giudici con un ribaltamento quasi totale della sentenza di primo grado. Impegnati nel collegio di difesa gli avvocati Muzzopappa, Aricò, Staiano, Brancia, Vecchio, Spigarelli e Lopresti. (g.b.)
Leone Soriano
Leone Soriano
Francesco Parrota
Francesco Parrotta
Graziella Silipigni
Graziella Silipigni
Carmelo Soriano
Carmelo Soriano

 

 

 

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‘Ndrangheta, confiscati beni per 800mila euro ad imprenditore vibonese

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Il provvedimento adottato dalla Dia nei confronti di un 38enne condannato in via definitiva per estorsione continuata in concorso

La Direzione Investigativa Antimafia di Catanzaro ha eseguito un provvedimento di confisca, emesso dalla Corte d’Appello di Catanzaro, nei confronti di Piero Castagna, imprenditore vibonese trentottenne condannato in via definitiva alla pena di due anni ed otto mesi di reclusione per estorsione continuata in concorso, a seguito dell’operazione denominata ”Caterpillar”. Lo scrive la Direzione investigativa antimafia in una nota, sottolineando che il valore della confisca è di oltre 800.000 euro.

Dalle indagini che lo hanno riguardato è risultato che Castagna aveva costretto la parte offesa (società aggiudicataria di una gara d’appalto), mediante minacce e intimidazioni (danneggiamenti e furti), ad assumere personale della propria ditta e ad impiegare i propri mezzi meccanici, con il sostanziale affidamento in sub appalto dei lavori commissionati alla ditta aggiudicataria. L’operazione si inserisce in una più ampia ed articolata strategia d’intervento, finalizzata all’aggressione di patrimoni illecitamente acquisiti (operazione ”Quattro Terre”) ed interessante il territorio dell’intero distretto di Corte d’Appello, che ha consentito, dal suo avvio, di confiscare beni negli ultimi quattro anni per un valore complessivo di oltre 30 milioni di euro.

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‘Ndrangheta, patrimonio milionario sequestrato ad un pluripregiudicato

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Contiguità con la cosca “Farao-Marincola”: la Guardia di finanza esegue un provvedimento di sequestro pari a oltre un milione di euro

Dopo le misure di prevenzione a carattere personale della sorveglianza speciale, già espiata nel tempo, arriva ora anche il provvedimento a carattere patrimoniale attraverso il sequestro di tutti i beni riconducibili a M.S. di anni 55 emesso dal Tribunale di Crotone – Sezione Misure di Prevenzione Antimafia- su richiesta della Procura distrettuale di Catanzaro, eseguito dalle Fiamme Gialle del Comando provinciale di Crotone.

Il sequestro. Il provvedimento trova il presupposto nella pericolosità pregressa del proposto il quale, gravato da numerosissimi precedenti penali, risulta tra l’altro condannato per associazione a delinquere di stampo mafioso. Il Collegio giudicante infatti si è trovato in presenza di un’evidente ingiustizia a mantenere la disponibilità di  un ingente patrimonio in capo ad un soggetto a suo tempo pericoloso il cui arricchimento è frutto degli illeciti traffici criminali e che attualmente lucra di tali operazioni. Il meticoloso lavoro dei finanzieri, attraverso un’approfondita attività investigativa, ha evidenziato che M.S. e i suoi familiari hanno sempre dichiarato redditi esigui, ricostruendo l’insieme dei beni di cui questi hanno potuto disporre nell’arco temporale intercorrente tra il 2002 e il 2013; accertando così la netta sproporzione esistente tra i redditi dichiarati e le attività economiche intraprese e svolte, con una progressiva accumulazione patrimoniale personale e familiare.

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‘Ndrangheta: operazione “Costa pulita”, ecco l’elenco di tutti i beni sequestrati

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“Sigilli” al patrimonio milionario ritenuto dalla Dda di Catanzaro riconducibile ai clan colpiti ieri dall’inchiesta antimafia. Diversi i beni “sotto chiave” a Briatico

di GIUSEPPE BAGLIVO

E’ un lungo elenco quello dei beni sequestrati nell’ambito dell’operazione “Costa pulita” che ha colpito i clan Accorinti di Briatico, Il Grande di Parghelia, Mancuso di Limbadi e Nicotera e La Rosa di Tropea.

Briatico Eolie

In particolare, sotto sequestro sono finiti: 6 autobus di varie marche; l’intero capitale sociale (pari a 10 mila euro) della società “Briatico Eolie” con sede a Briatico in via Matteotti intestato per il 50% a Claudia Barbuto, ma per la Dda di Catanzaro “di fatto riconducibile congiuntamente ad Accorinti Antonino ed a Bonavita Francesco Giuseppe”, e per il 25% alla Horacle srl, ma di fatto per gli inquirenti “riconducibile congiuntamente ad Accorinti Antonino e Bonavita Francesco Giuseppe”. L’altro 25% del capitale sociale è invece intestato a Filippo Niglia, anche lui indagato. Oltre alla società “Briatico Eolie” è stato sequestrato tutto il compendio aziendale costituito dalla motonave “Imperatrice” e da otto autoveicoli.

Sequestro anche per l’intero capitale sociale pari a 10 mila euro della “Horacle srl”. La società ha sede legale nella zona industriale di Porto Salvo ed è intestata per il 50% a Greta Accorinti (ma di fatto riconducibile al padre Antonino Accorinti) e per il 50% a Giuseppe Armando Bonavita, ma di fatto per gli inquirenti riconducibile a Francesco Giuseppe, detto Pino, Bonavita. Fra i beni del compendio aziendale che è stato sequestrato figura un’Alfa Romeo e la motonave denominata “Etica”.

briatico_torre

Sequestro poi per un appartamento di Briatico in località “Piana di Vadi” intestato a Francesco Zungri ma “di fatto riconducibile ad Antonino Accorinti” ed altro appartamento in località “Panoramica Cocca” intestato a Gennaro Melluso ma di fatto riconducibile ad Antonino Accorinti. Sequestro anche per le quote societarie, del valore nominale di 5.100 euro, pari al 51% del capitale sociale della “S.i.c.a.m. srl” con sede legale a Briatico su corso Regina Margherita, con il 13% delle quote intestate all’imprenditore di Briatico Giuseppe Granato (indagato). “Sigilli” anche all’intero capitale sociale, pari ad oltre 15 mila euro, della “San Giorgio snc di Fasolis Lucia Maria & c.” con sede a Briatico in località San Giorgio, intesta per un terzo ciascuno a Lucia Maria Fasolis, Saverio Sergi e Carmela Napoli, ma per la Dda “di fatto riconducibile a Accorinti Antonino, Pino Bonavita e Sergi Saverio”. Fra il compendio aziendale di tale società figura il villaggio “Green Garden” che è stato sequestrato al pari di 26 unità abitative a Briatico e due terreni a Zambrone in località “Crita”. 

Sequestro, quindi, pure il capitale sociale (15 mila euro) della “Gest hotel Sud srl” con sede a Briatico in località San Giorgio intestato interamente a Georgian Dan “ma di fatto riconducibile ad Antonino Accorinti, Pino Bonavita e Sergi Saverio”.

Sequestro per il complesso di beni costituenti il patrimonio della ditta individuale “RL Costruzioni di Russo Leonardo” con sede a Longobardi (frazione di Vibo) in via Roma intestata a Leonardo Russo “ma di fatto riconducibile – evidenzia la Dda – anche a Melluso Leonardo”.

Martina motonave

Sequestrato pure il capitale sociale (2 mila euro) della “Briatico Navigazione srl” con sede a Briatico in via Matteotti intestato a Martina Accorinti, Holmo Marino (attuale consigliere comunale al Comune di Pizzo Calabro), Antonino Accorinti, Sergio Bagnato (ex consigliere comunale al Comune di Briatico) “ma di fatto interamente riconducibile ad Antonino Accorinti”. Fra il compendio aziendale sequestrato figura la motonave “Martina”.

Il complesso dei beni ( sequestrati) costituenti il patrimonio della ditta individuale “Granato Giuseppe” (impresa costruzioni San Leone) con sede a Briatico in località “San Giacomo” comprende: un fabbricato in località “Solaro” di Briatico costituito da 6 box auto e 9 appartamenti, un appezzamento di terreno in località San Giorgio di Briatico, un appezzamento di terreno a Brtiatico in località “Brace 2”, un terreno con fabbricato rurale a Briatico in località “Piana San Leo”, un terreno in località “Piana di Vadi” a Briatico, un mini-appartamento ubicato in un complesso residenziale di Zambrone in località Crita, quattro autocarri.

Lungomare Briatico

Infine, sequestro per l’unità da diporto denominata “Sub Sea Explorer” intestata a Francesco Marchese, e l’intero capitale sociale (pari a poco più di 10 mila euro) della “Green Beach snc di Bonavita Giuseppe Armando ed Accorinti Antonio” con sede a Briatico in viale della Vittoria, “di fatto riconducibile ad Accorinti Antonino e Pino Bonavita”. Il compendio aziendale sequestrato comprende due locali sul lungomare di Briatico, quattro terreni in località “Ponte” di Briatico, un fabbricato rurale nella stessa località e un terreno in località San Giorgio.

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Operazione “Costa pulita”: la scalata di Nino Accorinti, da pescatore ad armatore

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Ritenuto il capo indiscusso dell’omonimo clan di Briatico, è l’unico ad essere sfuggito alla cattura. Risulta latitante ed è attivamente ricercato

Giusto il tempo di festeggiare il suo sessantesimo compleanno prima di sparire nel nulla. Si sono perse le tracce di Antonino Accorinti, detto Nino, classe 1956, ritenuto il boss di Briatico ed uno dei principali indagati dell’inchiesta condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro che ha colpito al “cuore” alcune cosche vibonesi. E’ l’unico, tra le 23 persone destinatarie del provvedimento di fermo, ad essere sfuggito alla cattura. E’ ufficialmente latitante, attivamente ricercato dalle forze dell’ordine.

Comune BriaticoCapo indiscusso e vice sindaco. Su Nino Accorinti pesano diverse ipotesi di reato. Per gli inquirenti è il capo indiscusso dell’omonimo clan egemone a Briatico e dintorni. Nulla si muove senza il suo consenso. Alleato dei Mancuso, Accorinti nasce come pescatore. E’ questa la sua professione originaria: pescatore con il pallino per la politica. A cavallo tra la fine degli anni ’80 e ’90 completa la sua scalata al Comune di Briatico andando a ricoprire il ruolo di vice sindaco in quota Psi (partito socialista italiano).

Pregiudicato ed imprenditore. Risalgono agli anni novanta i primi, seri, guai con la giustizia. Diversi i procedimenti giudiziari che lo vedono coinvolto, dalla coltivazione di marijuana all’estorsione. Tra condanne e assoluzioni, il suo spessore criminale cresce negli anni e, nel frattempo, compie il grande salto nel campo imprenditoriale. Si dedica alla gestione di un villaggio turistico, il Green Garden, unitamente a Pino Bonavita, anche lui arrestato nell’operazione “Costa pulita” e figura di primo piano dell’omonima “famiglia” da sempre alleata (anche negli affari) con gli Accorinti. Nino diventa così imprenditore turistico mentre i guai giudiziari lo costringono ad abbandonare le ambizioni politiche ed a “convivere” con la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza che gli impedisce di continuare a conservare la patente di guida. Sulla scena politica di Briatico compare così il fratello Vincenzo, che ricalca le sue orme fino a diventare vice sindaco nell’amministrazione comunale guidata da Costantino Massara, poi sciolta per infiltrazioni mafiose.

Accorinti armatore. I guai con la giustizia non frenano la carriera imprenditoriale di Nino Accorinti che sul finire degli anni novanta entra nel business delle navigazioni ed, in particolare, nel settore delle crociere verso le isole Eolie. Un business milionario che gestisce attraverso delle compagnie di navigazione e una serie di motonavi, alcune delle quali guidate da lui stesso. La scalata è completata: il pescatore è diventato armatore. Sulle sue tracce però ci sono ora polizia, carabinieri e Guardia di finanza e un nuovo conto con la giustizia da saldare. (m.f.)

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‘Ndrangheta al Nord, raffica di condanne: scacco al clan Galati di Mileto

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Le accuse a vario titolo sono associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, falso, favoreggiamento, minacce aggravate e detenzione illegale di armi

Quattordici condanne a pene che vanno dai 2 anni e i 5 mesi ai 10 anni e i 4 mesi sono state inflitte oggi a Milano al processo con rito abbreviato con al centro le infiltrazioni della ‘ndrangheta nel Nord Italia e in particolare il clan Galati di Mileto, nel Vibonese, colpito dall’operazione antimafia denominata “Quadrifoglio”.

Tiene l’impianto accusatorio. Il gup Giulio Fanales questa mattina seppur ritoccandole in gran parte al ribasso, ha accolto la richiesta di 14 condanne e di un’assoluzione avanzate dalla Procura. La pene più alte sono state 10 anni e 4 mesi per Antonio Galati, 64 anni, appartenente al ramo familiare dei Galati di Comparni di Mileto, nel Vibonese, 8 anni e 2 mesi per Fortunato Galati, 37 anni, appartenente ai Galati di San Giovanni di Mileto, figlio del boss Salvatore Galati (sta scontando l’ergastolo per duplice omicidio) e 8 anni per Antonio Denami, 30 anni di San Costantino Calabro; 6 anni e 4 mesi di carcere per Giuseppe Galati, di 37 anni, figlio di Antonio, mentre Pino Galati, 44 anni, nipote di Antonio e primo cugino di Giuseppe, appartenente al ramo dei Galati di San Calogero (Vv), è stato condannato alla pena di 6 anni ed 8 mesi di reclusione.

Addisi
Luigi Addisi (Pd)

Altre condanne. Il giudice ha anche inflitto 7 anni a Luigi Addisi, di San Calogero e all’epoca dei fatti consigliere comunale a Rho (Milano). La pena più bassa è stata quella di 2 anni e 5 mesi e 10 giorni inflitta all’imprenditore di Gessate, nel milanese, Luigi Vellone. L’unico assolto, così come chiesto dai pm della Dda Paolo Storari e Francesca Celle, è stato l’architetto di San Calogero Francesco Barone, cognato di Pino Galati e con studio nel Vibonese. Francesco Barone era difeso dall’avvocato Francesco Muzzopappa del foro di Vibo Valentia. Nei suoi confronti la Dda di Milano aveva chiesto l’arresto che era stato però respinto. Contro tale decisione, l’ufficio di Procura aveva poi presentato appello ma anche il Tdl di Milano, in accoglimento delle argomentazioni difensive dell’avvocato Muzzopappa, aveva rigettato la richiesta. Oggi, quindi, l’assoluzione.

pm Storari
pm Paolo Storari

L’inchiesta. Le accuse a vario titolo sono associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, falso, favoreggiamento, minacce aggravate ai danni di un direttore di carcere e detenzione illegale di armi. L’inchiesta era scattata nell’ottobre 2014 ed aveva portato i carabinieri del Ros ad arrestare 13 persone.

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‘Ndrangheta: “Costa pulita”, indagati uomini della Capitaneria di Porto di Vibo

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Ecco tutte le accuse mosse nei loro confronti, e di un ex consigliere comunale di Vibo Valentia, dai pm della Dda di Catanzaro Camillo Falvo e Pierpaolo Bruni. Uno spaccato inquietante

Ci sono anche due dipendenti della Capitaneria di Porto di Vibo Marina fra gli indagati dell’operazione “Costa pulita” scattata ieri contro i clan Accorinti di Briatico, Mancuso di Limbadi e Nicotera e La Rosa di Tropea. Favori e rapporti con i clan messi neri su bianco nel decreto di fermo dai pm Camillo Falvo e Pierpaolo Bruni che hanno portato a termine un’indagine poderosa, e per certi versi storica, che va a colpire sia i presunti fiancheggiatori del clan Mancuso, sia i rapporti di compiacenza di cui avrebbe goduto negli anni il clan Accorinti di Briatico, “toccato” ora per la prima volta con un’inchiesta antimafia che mira a far luce sulle diverse attività illecite del sodalizio.

Concussione, aggravata dalle modalità mafiose, è l’accusa mossa dalla Dda ad Aldo Gallucci (cl. ’55), di Vibo Valentia, dipendente della Capitaneria di Porto vibonese. Tale reato viene ipotizzato nei confronti a Gallucci in concorso con l’ingegnere Giancarlo Giannini (cl. ’71), ex consigliere comunale di Vibo Valentia con il centrodestra (amministrazione dell’allora sindaco Nicola D’Agostino) ed alle ultime comunali (maggio 2015) promotore di una lista, in cui era candidato ma non è stato poi rieletto, schierata con il centrosinistra in appoggio all’allora candidato a sindaco di Vibo Antonio Lo Schiavo.

porto Vibo Marina

Secondo la Dda, Aldo Gallucci “quale dipendente della Capitaneria di Porto di Vibo Valentia”, avrebbe “costretto Vangeli Giuseppe, per la progettazione di una piattaforma di ormeggio – in capo alla coop. Battellieri ed Ormeggiatori del porto di Vibo Valentia, della quale era presidente – a dare incarico all’ingegnere Giannini Giancarlo e a corrispondergli la somma di euro 500 per l’ottenimento di tale autorizzazione”. , La concessione è stata individuata dagli inquirenti nella n. 19/2009 rilasciata in data 7 luglio 2009 e scaduta in data 31 dicembre 2012. La condotta è aggravata dalle modalità mafiose (art. 7 della legge antimafia) in quanto ad avviso della Dda “Giannini Giancarlo era ritenuto dalla vittima notoriamente vicino agli ambienti della criminalità organizzata, nella fattispecie alla cosca Mancuso”. Nella ricostruzione degli eventi ad opera della Dda, si spiega quindi che Vangeli ha riferito agli investigatori di aver aderito alla richiesta di Gallucci consegnando “la somma di 500 euro a Giannini, omettendo di denunciare l’accaduto poiché Giannini, a dire del Vangeli, era strettamente legato al Colace Nazzareno, (il quale era ritenuto dal Vangeli contiguo alla criminalità organizzata) con il quale gestiva una parte del pontile di Vibo Marina”.

porto-vibo-marina

L’altra contestazione mossa ad un uomo della Capitaneria di Porto è quella nei confronti dell’indagato Domenico Grillo (cl. ’52), di Vibo Valentia, dipendente civile del Dipartimento Marittimo della Capitaneria di porto di Vibo Marina e più precisamente “capo sezione proprietà navale e diporto”. E’ indagato per concorso in 416 bis (associazione mafiosa). Ad avviso della Dda di Catanzaro, Domenico Grillo si sarebbe “adoperato per la positiva risoluzione di procedimenti amministrativi sanzionatori avviati dalla Guardia Costiera di Vibo nei confronti di appartenenti alla cosca Accorinti” di Briatico, comunicando “indebitamente ed in anticipo agli appartenenti alla cosca lo svolgimento di servizi di controllo operati dalla stessa Guardia Costiera”. Domenico Grillo, ad avviso degli inquirenti, avrebbe quindi fornito un “continuativo supporto tecnico-informativo nececessario per le attività condotte dalla società di navigazione riconducibile alla cosca Accorinti”, adoperandosi infine per far effettuare alla Guardia Costiera di Vibo alcuni “controlli a carico delle società di navigazione concorrenti rispetto a quella riconducibile alla cosca Accorinti” di Briatico. In cambio, secondo la ricostruzione degli investigatori, Domenico Grillo avrebbe ottenuto dal clan Accorinti la realizzazione “a titolo gratuito, di lavori edili”, oltre ad informazioni “afferenti la trattazione di pratiche amministrative” in seno all’amministrazione comunale di Briatico che sarebbe stata controllata dal clan Accorinti. Significativo dei rapporti che sarebbero intercorsi fra Grillo e gli Accorinti, il fatto che il dipendente della Capitaneria, “seppur non organico alla cosca”, si rivolga “ad Accorinti Antonino – sottolienano gli inquirenti – chiamandolo con il soprannome “Nino” come risulta da numerose intercettazioni telefoniche”. (g.b.)

‘Ndrangheta: operazione “Costa pulita”, ecco l’elenco di tutti i beni sequestrati

‘Ndrangheta: operazione “Costa pulita”, 23 arresti, terremoto a Vibo (NOMI)

‘Ndrangheta: operazione “Costa pulita”, ecco l’elenco completo ed i nomi di 53 indagati

‘Ndrangheta: “Costa pulita”, dal decreto di fermo spuntano altri 32 indagati (NOMI)

Operazione “Costa pulita”: il boss Mancuso pianificava tutto da un bar di Nicotera (VIDEO)

‘Ndrangheta: operazione “Costa pulita”, ecco tutte le accuse ai politici di Briatico (LEGGI QUI)

Operazione “Costa pulita”: la scalata di Nino Accorinti, da pescatore ad armatore (LEGGI QUI)

 

 

 

 

 

L'articolo ‘Ndrangheta: “Costa pulita”, indagati uomini della Capitaneria di Porto di Vibo sembra essere il primo su Zoom 24.

‘Ndrangheta: Dia, confiscati beni a imprenditori per 36 milioni tra Roma e Palmi

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Tra i beni confiscati anche un prestigioso hotel di uno dei quartieri piu’ esclusivi della capitale. Rapporti con il clan dei Gallico

Maxi confisca da 36 milioni di euro sull’asse Roma-Palmi a carico di due noti imprenditori calabresi. Il provvedimento, eseguito da personale dei Centri operativi Dia di Roma e Reggio Calabria e della polizia di Reggio Calabria e Palmi, riguarda il patrimonio già sequestrato nel 2013. La confisca e’ stata disposta dal Tribunale di Reggio Calabria – Sezione Misure di Prevenzione, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, a conclusione di complesse indagini condotte dai Centri operativi Dia di Roma e di Reggio Calabria e dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria, dal Commissariato di Palmi e dalla Divisione Anticrimine della Questura di Reggio Calabria, che hanno consentito di acquisire gli elementi necessari a dimostrare l’esistenza di rapporti tra i due imprenditori e la cosca Gallico. Tra i beni confiscati anche un prestigioso hotel di uno dei quartieri più esclusivi della capitale. I dettagli dell’operazione saranno forniti nel corso di una conferenza stampa, presieduta dal procuratore della Repubblica presso la Dda di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho in programma alle 11 negli uffici della Dda di Reggio Calabria.

Grand-Hotel-Gianicolo

Aggiornamento. Destinatari del provvedimento sono Giuseppe Mattiani e il figlio Pasquale. La confisca e’ il risultato di due complesse attivita’ di indagine dirette e coordinate dalla Procura Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, che si e’ avvalsa degli accertamenti delegati al Centro Operativo Dia di Roma e delle risultanze investigative della Squadra Mobile di Reggio Calabria, del Commissariato di Palmi e della Divisione Anticrimine della Questura di Reggio Calabria, che avrebbero acquisito’ elementi circa la contiguita’ di Giuseppe Mattiani alla cosca dei Gallico, operante a Palmi (RC) nonche’ l’illecita acquisizione di un vasto patrimonio mobiliare ed immobiliare, in particolare nel settore turistico-alberghiero. Tutto avrebbe avuto inizio nei primi anni Novanta, quando un semplice e modesto motel della periferia di Palmi, l’ “Hotel Arcobaleno”, sito in contrada Taureana di Palmi, si sarebbe trasformato in una societa’ dal capitale miliardario abilmente suddiviso tra i figli appena ventenni di Mattiani , in quote di circa 250 milioni di vecchie lire ciascuna. La nuova società, alla fine degli anni Novanta e poco prima del Giubileo del 2000, effettuò un’importante operazione immobiliare, consistente nell’acquisto di un ex monastero sito in uno dei posti piu’ belli della Capitale, il colle Gianicolo, di proprietà di una congregazione religiosa, per trasformarlo in un lussuoso albergo: il “Grand Hotel Gianicolo”.

Nei confronti di Giuseppe Mattiani il Tribunale di Reggio Calabria ha ritenuto sussistenti “seri e concreti elementi” per inquadrarlo come appartenente alla ‘ndrangheta. Sul versante patrimoniale sarebbero state accertate rilevanti attività di reinvestimento di proventi non desumibili dai redditi dichiarati, e pertanto illeciti, provenienti anche da evasione fiscale. Fra i beni sequestrati, la società “Hotel Residence Arcobaleno SAS”, con sede legale a Palmi, proprietaria di due alberghi ubicati uno a Roma ( “Grand Hotel Gianicolo” di categoria 4 stelle lusso provvisto di 48 camere più piscina e parcheggio interno) e l’altro a Palmi (sempre di categoria 4 stelle sotto insegna “hotel Arcobaleno”), oltre ad un’altra società con sede legale a Roma; 42 immobili ubicati tra Roma, Castiglione dei Pepoli (Bo) e Palmi costituiti da fabbricati, terreni edificabili ed agricoli; rapporti bancari intrattenuti in due istituti di credito. Oltre alla confisca di questi beni il Tribunale ha disposto il sequestro e la contestuale confisca di un’altra società con sede a Palmi e la sorveglianza speciale per tre anni a carico di Giuseppe Mattiani. (Agi)

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‘Ndrangheta: operazione “Costa pulita”, al via interrogatori degli arrestati

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E’ attesa per la giornata di domani la decisione del gip sulla convalida del fermo e l’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare

Primi interrogatori di garanzia stamane dinanzi al gip del Tribunale di Vibo Valentia, Alberto Filardo, per alcuni dei 23 fermato nell’operazione antimafia denominata “Costa pulita”. A rispondere alle domande del giudice, respingendo tutte le accuse mosse loro dalla Dda di Catanzaro sono stati Leonardo Melluso, Francesco Marchese e Salvatore Prostamo, tutti assistiti dall’avvocato Giuseppe Bagnato. Si sono invece avvalsi della facoltà di non rispondere Simone ed Emanuele Melluso, Antonio Accorinti (figlio di Antonino Accorinti che è sfuggito alla cattura), Giancarlo Lo Iacono, Carlo Russo (tutti difesi dall’avvocato Bagnato), Cosmo Michele Mancuso, i fratelli Davide e Federico Surace,  Salvatore Muzzupappa, cognato del boss Pantaleone Mancuso, alias “Scarpuni” (tutti difesi dall’avvocato Francesco Sabatino), Carmine e Ferdinando Il Grande (avvocati Enzo Galeota e Michele Accorinti); Gerardo La Rosa (avvocati Carmine Pandullo e Galetoa) e Giuseppe Evalto (avvocaro Franco Muzzopappa). Le difese degli indagati hanno chiesto la non convalida del fermo ed il rigetto della misura cautelare. La decisione del gip Alberto Filardo è attesa per la giornata di domani.

Giuseppe Evalto
Giuseppe Evalto
Cosmo Michele Mancuso
Cosmo Michele Mancuso
Gerardo La Rosa
Gerardo La Rosa

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